Parlamento europeo approva la prima legge al mondo sull’AI

melanie francesca
Melanie Francesca

L’Europa corre ai ripari sull’intelligenza artificiale, Il punto di vista della scrittrice e opinionista televisiva Melanie Francesca.

Ultimamente in tutto il mondo si svolgono convegni sulla pericolosità dell’intelligenza artificiale. Elon Mask sostiene che i governi devono preoccuparsi di più di questo settore stabilendo ferre leggi che rispettino l’etica e salvaguardino uno sviluppo che se lasciato al caso può rivelarsi letale.

In uno scenario in cui l’intelligenza artificiale è stata costruita per migliorare se stessa imparando dai propri errori, non è detto che un giorno, per preservare anche la propria sintetica vita, un robot decida di uccidere il suo creatore.

Siamo come dice Ben Goertzel, l’inventore di uno dei robot più sofisticati esistenti, Sophia, alla grande svolta della singularity predetta nel 2050, quando lo sviluppo della macchina sarà così accelerato da rompere ogni previsione.

Già oggi con il computer quantico abbiamo intelligenze artificiali uguali al nostro sistema neuronale quanto a velocità sinaptica, l’unico ostacolo alla loro massiccia diffusione sono le temperature vicino allo zero assoluto (-273 gradi) che necessitano per non bruciare mentre lavorano.

Da quando l’uomo ha scoperto come funzionano il cervello e il corpo umano, basato su riflessi ed istinti, costruire un robot che funzioni nello stesso modo non è stato più impossibile.

Dopotutto noi esseri umani siamo dei robot, ubbidiamo ad istinti che sono dei programmi innestati dal nostro dna fin dalla nascita, proviamo rabbia o eccitazione a seconda degli stimoli che ci colpiscono.

L’unica differenza tra noi e un robot non è tanto la carne, quanto il fatto di sentire con quella che da secoli chiamiamo anima.

A noi, quando si parla di anima, viene da pensare alla sapienza antica rinascimentale e classica che si rifà all’antica Grecia, da cui è nato il nostro mondo.

E c’è un libro molto bello a proposito, scritto dallo scrittore e giornalista Mauro Crippa, direttore generale dell’informazione Mediaset, e il filosofo Giuseppe Girgenti con Umano poco Umano, esercizi spirituali contro l’intelligenza artificiale.

Una risposta e una soluzione allo spinoso problema.

Un libro interessante e di lettura fruibilissima che diventa un manuale di sopravvivenza alle porte del nuovo mondo, dove l’anima è un bene necessario per stabilire leggi etiche e filosofiche su cui fondare le basi della nuova società umana frammista alla macchina.

E dove sull’anima ci si deve basare per evitare una catastrofe distopica che annienti la nostra unicità che si fonda sull’avere un cuore.

A questo Ben Goertzel potrebbe ribattere che anche il suo robot Sophia un giorno proverà delle emozioni, costruite per farlo assomigliare agli umani attraverso la compassione, il dolore, la felicità, il sorriso.

Se devono essere compagni, dottori, insegnanti, infermieri e badanti in un’umanità sempre più vecchia, devono essere in qual modo simil-umani.

E come l’inventore prevede, un giorno anche i robot avranno i loro diritti e se li maltratterai chiameranno il proprio avvocato.

I padri del transumanesimo come Ray Kurtzweil e Bostrom, hanno dipinto scenari futuristi in cui l’essere umano frammisto a microchip, migliorerà le proprie potenzialità guarendo non solo infermità e malattie genetiche, ma avviando l’uomo sapiens ad una nuova specie teconologica, post umana.

Anche Max More, filosofo britannico e presidente dell’Alcor foundation, ha creato una vera e propria religione transumanista ubbidendo alla fede che la mente, o coscienza, sopravviva alla morte e possa essere trasferita dopo di essa in un nuovo cervello-corpo fisico o in un computer, offrendo un servizio particolare a chi sia disposto a spendere 200 mila dollari per diventare un surgelato.

L’azienda infatti, che ha la principale sede in Arizona, congela i corpi di malati terminali in azoto a 200 gradi sottozero, in attesa che quando si trovi una cura vengano svegliati e rianimati.

A chi non se lo può permettere può essere congelata solo la testa per 50 mila dollari, sperando che il cervello così preservato possa essere travasato in un robot o in un nuovo corpo umano (a questo punto ci si deve chiedere dove finisca l’anima o la coscienza di chi precedentemente lo abitava).
Per la fede transumanista, che a questo punto è una vera e propria religione che si basa non tanto su prove scientifiche ma su un credo, l’immortalità della coscienza prende il posto dell’antica anima e la sua infinitezza.

A questo punto ci soccorre ancora il libro di Mauro Crippa: fin dove l’emotività di un robot è vero sentire e dove si pongono i limiti? Si può davvero definire un sentire emozionale il meccanismo dei riflessi automatici programmato in una macchina? E si può davvero denominare dolore quello provato da un robot?

Per Crippa per sopravvivere a questa distopia, ci si deve rifare non solo allo gnozi seauton, il conosci te stesso classico, ma a una serie di passi che fan sì che ci si possa ri-orientare su un pianeta dove la frammistione sapiens-robot troverà un significato solo ritornando alla fonte della vita, in uno sguardo ultramateriale che rivaluti relazioni reciproche e sentimenti. Anima e cuore, cose che un robot che potrà copiarci i riflessi di Pavlov, il sistema intellettivo e nervoso e un’apparenza di emotività, non potrà mai avere.

leggi anche: tgcom24.mediaset.it/mondo/ai-ue-trova-accordo-su-norme

A cura di Melanie Francesca

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